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venerdì 15 agosto 2014

Catherine Bertone prova il percorso gara con gli altri azzurri...


Catherine la seconda da sinistra. Da notare che solo i due valdostani sono con i pantaloncini corti... troppo tosti!

15 agosto 2014 – Il tracciato di gara non presenta pendenze così importanti, ma nel finale la quota, come previsto, saprà dirimere molte questioni. Dopo un assaggio della prima parte di gara, nella mattinata americana di ieri da Manitou Springs gli azzurri delle Lunghe Distanze si sono spostati sulla cima del Pikes Peak, per scoprire le miglia finali del tracciato e fare i primi conti con l’altitudine e ancor più con quell’ossigeno lassù in cima elargito con decisa parsimonia. Una volta usciti dal bosco, a quota 3600 metri circa, mancheranno ancora 6 Km di gara e poco meno di 700 metri di dislivello. Pur ricavato su pendio roccioso, il sentiero nel tratto finale non sembra mai raggiungere pendenze tali da mettere in grande difficoltà gli atleti: il sentiero forse no, la quota invece certamente sì.

Prima parte di gara piuttosto veloce, con una prima salita su asfalto e poi su sentiero e tratto intermedio con circa 4 Km di traversata, a tratti pianeggiante o quasi, per portarsi ai piedi dell’ascesa finale. Facile pensare che la gara di sabato potrà essere lanciata sin da subito su ritmi importanti, motivo in più per gli azzurri per cercare di individuare subirto, senza attendere troppo, il proprio ritmo ideale. Percorso alla mano, prima parte di gara sicuramente adatta a maratoneti come Ivana Iozzia, Catherine Bertone, Tommaso Vaccina e Massimo Mei. Seconda parte invece che, anche per la natura più tecnica del terreno, magari potrebbe maggiormente strizzare l’occhio ad Antonella Confortola, la più attesa delle azzurre, e con lei a Francesca Iachmet, Emanuele Manzi e Xavier Chevrier.
Sulla difficoltà di adattamento alla fatica nel finale, si è espresso oggi con convinzione anche uno dei favoriti della vigilia, il rumeno Ionut Zinca, peraltro bronzo iridato lo scorso anno nella gara vinta dallo sloveno Mitja Kosovelj. Il forte gruppo statunitense pare intenzionato a mettere giù dura la gara sin dalle prime rampe e in questo soprattutto Joe Gray potrebbe trovare validi alleati nell’eritreo Azerya Teklay e nel messicano Juan Carlos Carrera, entrambi pretendenti importanti al podio finale.  Tattica non dissimile attesa anche al femminile, specie se Shannon Payne vorrà ripetere il “pronti, via” già messo in atto nel giugno scorso nell’altra grande classica che si corre sul suolo americano, l’ascesa al Mt. Washington. Tra le favorite, oltre alle già ricordate sue connazionali Morgan Arritola e Stevie Kremer e alla slovena Mateja Kosovelj, da non dimenticare neanche la neozelandese Anna Frost, donna abituata alla distanza e non di meno a correre in quota.

In lontananza la cima del Pikes Peak tra gli incantevoli scenari offerti dal Colorado
Domani, nel pomeriggio americano, quando in Italia già sarà notte – otto le ore di fuso orario con il Colorado – la presentazione ufficiale delle squadre nazionali. Il tutto a Manitou Springs, 5000 anime che respirano e fanno respirare passione per la montagna a due passi dalla città di Colorado Springs. A dirimere le sorti del Mondiale, la loro montagna, il Pikes Peak, lassù dove il respiro invece manca, una delle non molte cime statunitense a superare quota 14000 piedi, come si è soliti narrare con orgoglio da queste parti. Alla prova iridata, in formula open, sono iscritti poco meno di 2000 atleti: due partenze per loro, la prima delle quali, alle 7.00 (ore 15.00 italiane) con tutti i migliori. Azzurri ovviamente compresi.
"Corsa in montagna"

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